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Siamo ormai a Milano, classico finale del Pitti. Milano considera il Pitti un’ouverture, il Pitti considera Milano un finale. Nel mezzo, si fanno spazio a bracciate nuove sfilate e presentazioni, come la London Collections Men che ruba spazio, popolarità e marchi (Tom Ford, Alexander McQueen, Stella McCartney) al nostro amato Pitti. Andando addirittura a sovrapporsi come date, a tutto vantaggio degli inglesi che godono di un momento storico particolarmente benevolo, nonostante le discutibili qualità in quanto a moda e stile. Perlomeno, rispetto alla tradizione italiana.
Sarà Londra, sarà la crisi, saranno le imminenti elezioni , ma il Pitti 83 non passerà certo alla storia come un’edizione brillantissima. L’entusiasmo canonico di organizzatori e stampa ci trova in grosso disaccordo, stavolta: il numero di espositori sembrerebbe essere rimasto lo stesso, più o meno, ma noi abbiamo riscontrato vuoti clamorosi ( intere ali , un tempo tirate su per creare stand espositivi, stavolta mancavano) con defaillance di marchi noti a cui si legavano stand superbi. Su tutti, da notare l’assenza di Etiqueta Negra, che ci aveva abituato a stand magnifici e curatissimi, e di Harmont & Blaine. Ecco, quando vengono a mancare marchi di questo tipo ( già quest’estate si era registrata l’assenza di Hugo Boss) significa che qualcosa che non va c’è.